nonsense

Orsetti gommosi decapitati, Genet e Baron Samedi.

Mi sto complicando la vita, tanto per cambiare.
Il paper che devo finire doveva essere un misero e umile paper da seminario base (quello dell’emerito era un seminario avanzato), ossia una mera compilazione – come mi ha detto la docente quasi facendo spallucce, con quel sorriso che ti dice:
"Insomma, non è che sia qualcosa di speciale, basta fare questa cosa qui, si e mi e li accontenti."
Però voi sapete che ho una bassa stima dell’umanità – mondo cane.

"Mondo cane" è un’espressione che retroattivamente ha descritto Nikolaus.
Vi ricordate Nikolaus?
Nikolaus Schneider?
L’ebreo?
… No, i posteri non ricordano mai.
Nikolaus Schneider l’ebreo – che dice di essere ebreo ma che viene smentito da qualsiasi ebreo possiate incontrare – è un tagliatore di diamanti. È un uomo sulla trentina portata male che prende la vita con filosofia. Io mi sto facendo pigra e quindi vi copia/incollerò una vecchia descrizione a cui avevo lavorato con tanta dedizione:

Nikolaus dice di essere, a suo modo, un filosofo. Del pragmatismo. Un cinico perché non si fa annebbiare dalle graticole con cui l’umanità si suddivide, decidendo chi verrà cotto a fuoco lento e chi invece parte essendo brace. Ma i cinici che si prendono sul serio non li sopporta – anzi, a ben pensarci non sopporta chiunque si prende eccessivamente sul serio – e, per evitare di ricadere nel vizio si dà ad altri, di vizi, quelli che la polizia londinese ha ben catalogato e quelli che non si danno un nome.
Non è uno sfaccendato, questo no, ma dire che è ligio nel suo lavoro sarebbe ipocrisia: deve essere ligio, o muore di fame. Allo stesso modo deve rendersi socialmente utile, ossia gradevole, o morirebbe di solitudine – ma perché non essere gradito all’umanità, dato che la ama profondamente? Tutti, dallo zoppo mendicante pieno d’astio che gli dà del tirchio ogni volta che esce di casa a Sua Altezza – tutte le Loro Altezze, quella britannica e quella etiope, che non ha ancora avuto il piacere di conoscere.

Tale descrizione, letta ad alta voce da VB (che è l’addetta alle letture ad alta voce da Der Vorleser in poi) in quel di Kiel con la stupenda compagnia di Zefi, diede vita al “mondo cane”. Fu VB a intervallare la lettura con dei “mondo cane” a cadenzarla, e da allora Nikolaus è riassumibile in un dire “mondo cane” con un sorriso compiaciuto e paziente.
Dovete capirlo, signori. L’umanità è ributtante ma adorabile. Non lo pensate anche voi? Per questo amo le docce – non quelle a gas che pare abbiano fatto fuori i nipoti che Schneider non ha mai conosciuto, maliziose creaturine piene di terrore e odio, ma quelle che faccio quando torno a casa o mi sveglio al mattino. C’è chi dice che una dormita risolve tutto, ed evidentemente non soffre d’insonnia. A me sono le docce a risolvere tutto.
Ma comunque.

Dato che ho una bassa stima dell’umanità devo contraddirla. È un assioma: se pensate che una razza sia stupida allora penserete che scrive cose stupide, e se non vi pesa il culo (si vede che oggi ho cominciato francese, nevvero?) la contraddirete. Nel paper per l’emerito, ad esempio, contraddicevo tutti. Tutti. Se non esplicitamente allora implicitamente nel finale. Poi chiedetemi perché sogno di essere rincorsa da folle inferocite. Voglio dire, contraddire gente esperta su un argomento quando tu non sei esperto è come giocare a poker. Mi è andata di culo. O forse sono ispirata da Dio, come sovente sostengo. No, forse era Foucault. O Genet? Genet ha divinizzato Hitler con metodo foucaultiano, lo sapevate?
Ma comunque.
Nel caso dell’attuale paper da scrivere di Dei ce ne sono un casino, e ovviamente anche di gente che ha scritto sull’argomento. Non li contraddirò tutti: quello che dicono sul fulcro del mio paper (il fantomatico Neo-HooDoo) è semplicemente ininfluente. Uno tra loro ha fatto un’analisi che invece mi è stata molto utile perché mi ha fatto avere un’idea – e io per questo paper non dovrei avere idee mie, ma adesso ne ho una e non posso lasciarla nella mia testa. Questo blog dimostra ampiamente che non so lasciare cose nella mia testa. Mettiamo che io adesso mi trovassi a pensare a interiora di porco farcite di orsetti gommosi decapitati – dovrei scriverlo. Vedete? Così soffrite con me della mia sindrome di Tourette.

La verità è che scriverò la mia idea per un semplice motivo: il Baron Samedi è dalla mia parte e spacca. Datemi un sigaro.

Ronald McDonald.

Ho finito Gioco della rosa.
(Momento di silenzio, por favor).
Ora si entrerebbe in quella fase a cui tipicamente anelo quando un romanzo inizio a scriverlo. Dopo aver battuto a PC le pagine che mi mancano, comincerò a correggere e sistemare e migliorare.
Poi verrà la feticistica deliziosa fase dell’impostazione grafica. La grafica di Gioco della rosa invero esiste già, devo solo applicarla. Devo procedere con la suddivisione in fasi – colpa, supplizio, punizione, disciplina – e poi probabilmente ammorbarvi con gif animate.
Vorrei avere più tempo da dedicare a questa fase celebrativa, ma al momento non ho neanche quello di trascrivere i capitoli mancanti. Sigh.


Ho finito anche di leggere JPod, con immane tristezza. L’ho amato. Dovreste farlo anche voi.

I asked Kaitlin about irony, and it turns out that only twenty percent of human beings have a sense of irony–which means that eighty percent of the world takes everything at face value. I can’t imagine anything worse than that. Okay, maybe I can, but imagine reading the morning newspaper and believing it all to be true on some level..


Convivo con una lingua da diligente fumatore di canne. Presente? Secca, fastidiosa in bocca.
"Può anche annerirsi." ha detto Mater, e ha spiegato che uno dei principi della DA è che il grasso si espelle tramite urine e urina. Ditelo: "Che schifo." Ma non è questo il punto. Il tutto dipende da certi batteri che con il mutamento del metabolismo prendono il sopravvento, pare. Ditelo di nuovo: "Che schifo."
Ma io sono andata oltre.
Io ho visto in sogno una futura razza nata da modifiche causate da questa dieta in un lento processo ambiguo alla Stephen King. Si comincia dimagrendo, poi il corpo si prosciuga, lingua compresa. La pelle diventa sempre più liscia finché non si fa lucente come marmo e i capelli diventano onde metalliche, mentre le persone mutanti si dicono inquietamente sempre più felici e new-ageamente in pace con il loro animo. Mangiano sempre di più i cibi previsti dalla DA (perché, ricordate, il principio di questo regime alimentare – sia la fase dimagrante o quella a vita – è che puoi mangiare tutta la quantità di mono-cibo che vuoi) sino ad arrivare a soglie di 6-7 chili di zucchine a pranzo e non ingrassano. Esperimenti del governo (quale?) non riescono a spiegare dove vada tutto quel cibo, finché non si scopre che si trasforma in DNA mutante che va a sostituire quello umano. Per farsi accettare dalla società si organizzeranno in una setta segreta e fonderanno una casa di moda propagandando segretamente al contempo una nuova visione del mondo che prevede l’inferiorità di tutti coloro che per essere magri e belli devono mangiare meno e fare trattamenti in centri estetici. Il prezzo delle zucchine e tutti gli altri mono-cibi previsti salirà alle stelle, racchiudendo in una lobby gli Eletti, mentre voi miseri mortali cercherete di sopravvivere mangiando barrette dietetiche e panini di McDonald’s. Nelle baraccopoli che si formeranno in questa catara società futura verranno aperte delle discariche apposite per vomitare: i comuni mortali andranno lì per rimettere i BigTasty ingeriti, aiutandosi l’un l’altro in commoventi scene in cui il padre infila le dita in bocca alla figlia. Essere grassi diventerà illegale, pena la morte, e la carne umana verrà inserita all’interno dei mono-cibi concessi dalla DA. In questo scenario apocalittico Ronald McDonald fonderà il Fronte di Liberazione della Salsa BBQ e ingaggerà una crociata per sconfiggere i mutanti al potere.


Voglio leggere un altro libro di Coupland. Potete farlo anche voi senza dovervi sbattere eccessivamente: su bol.it è in sconto al 50%, tradotto. Non so come sia tradotto, né come sia traducibile, ma tutto è possibile.

What’s your follow-up strategy to increase sales and profits? Honestly, if you haven’t joined a local Kiwanis-type organization, then do it right now. Most of the business decisions in your city are made by older guys who eat mediocre chicken dinners in hotel ballrooms and then go off and have naked whipped cream go-kart rides. It doesn’t matter how savvy your proposal is, if the guys in the fezzes have chosen Murray to take over the lease to that office space you were eyeing, then you’re totally fucked and Murray will get the lease. One person’s testimonial: "Requests for my services went up by 300% as a result of working with Ken, because he’s way better-looking than the earnest blank before him, Ron. We fired Ron under the pretext of catching him swiping Post-it notes and bond paper from the storeroom, but really it was because he was boring, didn’t like golf, and Tracy at the front desk thought he was, quote, ‘Kind of pervy.’" If you’re trying to stay more focused on what you do, then simply do what most genuinely successful people do, which is take Ritalin. Most people think Ritalin is a kiddy drug, but what it actually does is allow you to stay focused and stop your mind from wandering. Hi, I’m Denise from HR. This morning I crumpled upa piece of paper and then I held it in the palm of my right hand and I looked at it and I thought, "Denise, this is your life. This is as good as it gets." Hi, I’m Jeremy. I’m that high-energy new guy they stole from Rem tech across the Parkway. I’m young, smart,good-looking and I’m using ever-escalating amounts of crystal meth to make me seem more alive than you. I’ll either end up winning everything or be found holding up a cardboard sign and talking to myself at the Exit 23 off-ramp. Hi, I’m Rick and I hate everything in the world because I lost everything I owned in the tech bubble in the late1990s. I really thought I’d be on a beach right now. Instead, I piss in the men’s room urinal and have to listen to Jim in the stall beside me flip through the sports pages. It’s all he does. I don’t know how he gets away with it. He’s there for two hours a day. Please turn off all cellphones and personal computer systems. Engineers aren’t funny or cute or nerdy. They’re damaged. Outside of videogames, how many games do you play by yourself? Here’s a question: did people in the past masturbate more than they do now–or is self-pleasuring a biological constant? A wicked CPU can never replace the artificial intelligence provided by human beings–or can it? Just in case you were in doubt, other people can secretly tell everything about the way you feel. Hi. I’m a definitive gridiron videogame experience! Hi. I’m an expansion pack. Hi. Let me tell you, I would have never played Grand Theft Auto: San Andreas had I known that it harboured pornographic content or comely sluts who tempt you. What’s this? Another year, another fifty dollars? Is it really worth it? You know, when you dream at night, your brain doesn’t use your eyes to see. When you play videogames, your brain plays sports without using your body. Does this make you feel free, or does this make you feel like a prisoner of your meat? That buzz you’re always hearing is everybody having sex. Dungeon master. Pimp. Prince. Crack ho. Why do games always want good to triumph over evil? Sometimes it’s good training to fight for the dark side. If you’re trying to quit drugs, who do you seek out, an ex-addict or Ned Flanders? You know what? When you read a book, you’re totally lost in your own private world, and society says that’s a good and wonderful thing.But if you play a game by yourself, it’s this weird, fucked-up, socially damaging activity. What sort of narrow-minded or on propagates this lie? When your grandfather plays solitaire, is he isolate in himself? Get a grip, people. Amateur. Anal. Asians. Babes. Big clits. Big cocks. Big tits. Blacks. Nothing I feel is real. Gaming isn’t storytelling. Don’t be so sentimental. Gaming is about killing your prey. It’s about you killing me, or us killing them. All online activity is monitored. Attempts to bypass security are grounds for legal action. I look forward to a day when everybody who lives in sweatshop equatorial nations has the disposable income to choose from the fine array of games and gaming systems our society creates. Lock and load! The differences between you and the others are almost non-existent. The human body is one of the sickest and most foul things we can possibly view. I think that people who savour looking at nude bodies are pervs and molesters–we ought to lock them away and chuck the key. I love touching a game–you know what I mean? When your reptile brain and your CPU become one.

Status.

Scrivo.
… Intendo, sto scrivendo, fiction, in queste sere. Credo sinceramente sia colpa della Montblanc. 104 anni di marketing serviranno pure a qualcosa. E poi, è tedesca.

"Ho appena scoperto quanto costa questa Montblanc e continuo a non capire il senso di una penna stilografica così costosa."
"È lo status, come i diamanti."
"C’è anche con diamanti."
"Quello è lo status dello status."

The diamonds set on every Montblanc jewel-encrusted product have been purchased by Montblanc from legitimate sources not involved in funding conflicts and in compliance with the United Nations Resolutions / the Kimberly Process certification system (System of Warranties). Montblanc hereby guarantees that these diamonds are conflict free, based on personal knowledge and/or written guarantees provided by the supplier of these diamonds.

Amo quella personal knowledge, per non parlare delle guarantees provided by the supplier, che è un raffinato “Mio cugino mi ha detto che”.
Ma comunque.
Ho scritto tanto. Cerco sfoghi. Vedete, è difficile non pensare mentre si scrive un paper, e io necessito il non pensare. Odio speculare, e tendo a farlo. È stato l’odio per il pensare a rendermi più morbida nel mio seguire la DA (Dieta Alternativa), perché mi faceva pensare troppo, nello specifico che il cibo che avrei dovuto mangiare per il prossimo pasto mi causava conati di vomito. Poi capitava di pensare a cibi a cui non pensavo da eoni, totalmente scollegati tra loro – un succo di frutta, gnocchi burro e salvia, una banana, un Berliner (che non ho mai particolarmente apprezzato) – e odio pensare al cibo. Amo il mio rapporto funzionale con il nutrimento, anche se poi mi fa riempire la dispensa di cibo in scatola da scaldare. Pensare al cibo è uncool. È volgare. E la mia mente trova sempre ottime spiegazioni quando vuole sottrarsi a un regime.
Comunque, ho battuto il mio record, riuscendo a seguire una dieta per ben 9 giorni. 9 giorni. E, vedete, non importa che tipo di dieta sia. Da piccola avevo programmato una dieta ingrassante, ma era durata comunque due giorni. 9 giorni mi paiono adatti, come la caduta di Lucifero o il tempo per cui Odino è rimasto appeso a testa in giù per conoscere i segreti delle rune.


Sulla parete è stato appeso anche Jan di Leida, sebbene in formato ritratto stampato e non di persona. Avrei voluto portare come souvenir da Münster una gabbia in miniatura, sarebbe stato sufficientemente kitsch e feticista alla cattolica, ma non ne vendevano.
Perché le gabbie hanno un significato speciale – non so quale, ma devono averlo, o non sarei così ossessionata con Münster e prigioni e folle inferocite che mi rincorrono.
Finirò con l’essere la tipica personalità paranoica, giusto per essere conforme allo Zeitgeist contemporaneo, ma lo sarò all’antica – perché avere un proprio carattere è importante, ve lo propagandano come vi propagandano le qualità nutritive degli omogeneizzati – nella maniera di un profeta eretico. Vi dirò che la Rete mi parla e mi dice cose che le parole non possono spiegarvi – ma le sentite anche voi, no? – risulterò folle nei talk-show portando l’espressione ieratica di chi è andato oltre e non può più tornare indietro, non in questa vita, e non si può sapere come sia quell’oltre più di quanto si possa sapere cosa c’è oltre la morte.
E sapete qual è la cosa peggiore?
Alcuni di voi mi seguiranno dicendo di capirmi.

Pre-post-moderno.

Attualmente, in un interstizio tra Haiti e il Congo di Leopoldo – che nella mia testa sono abbastanza vicini – c’è Me che siede dietro a una scrivania finanziata dall’ufficio di Chamberlain (Joe). Chamberlain è un idealista non updatato ma sta a Londra e a Londra si decide, e cambiare qualcosa a Londra partendo da questa scrivania è come ribaltare la massima “Come in cielo, così in terra”. Avviene, certo che avviene, ma ci vuole tempo e un Dio morto, e Nietzsche non è ancora arrivato.
Me però non si altera, essendo di natura fondamentalmente pacata. E comprensiva. Comprende tutti noi, miseri esseri umani, e la miseria che ci contraddistingue non è da imputarci come colpa più di quanto lo sarebbe l’umanità. È così e basta – un sacco di cose sono così e basta e sono perfette così, da Dio fino ai più truci e squallidi risvolti della vita quotidiana – e quindi Me non ce l’ha con nessuno.
“Mondo cane”, potrebbe dire con un sorriso da profeta martirizzato, “Quest’umanità è una merda. Non è commovente?”
Intinge il pennino nell’inchiostro e, mentre compie il suo piccolo delizioso dovere quotidiano, mi dice:
“Dovresti accettarlo, prima o poi.”
“Sono in carenza di zucchero.” dico.
“Come l’Europa prima delle Indie Occidentali. Fossi in te, andrei a strafarmi di coca su una spiaggia sudamericana.”
“Il Sudamerica è ampio. Dove?”
“Che cambia? Tanto non lo conosci. Potresti anche andare a Haiti.”

C’è un pezzo di Haiti in ogni grande città occidentale. È un pezzo a forma di bordello, ed è un raffinato bordello in un pessimo quartiere. Soho, ad esempio. La Soho appena disertata dai nobili centocinquantanni fa. Ma non conta il tempo, perché questo bordello ricalca un’idea di Haiti atemporale, la Haiti raccontata dai padri francesi espulsi dalla Rivoluzione (haitiana, non francese) ai figli cresciuti nell’inquinata Europa. Così, Haiti era un paradiso. Era tutto bianco, anche la Morte, specialmente la Morte. Nel bordello invece è tutto affumicato e non si riesce a respirare senza ingerire fumo d’incenso, per non parlare dei residui di pelle altrui che si attaccano alla tua cute quando ti sdrai su un divano – ma ti mancherà tutto questo, come ti è mancata la Haiti che non hai mai veramente conosciuto.

Adesso che – là fuori, nella RdF (Realtà di Fatto) – Haiti è veramente in ginocchio, i Loa possono finalmente entrare nella Rete e compiacere Gibson. Some Gods will mount any horse, così Me si siede su una poltrona troppo grande, che fa sembrare Me un infante borioso e mi dice di essere di razza.
“Quale razza?” domando.
“Quella dei Loa.” risponde.
Chiacchiera fittamente sottovoce con Le Baron e ridono guardandomi. Le Baron ride sempre, non avendo né pelle né carne a coprire i denti. Me, invece, ride deliberatamente, estasiata come una vecchietta europea a caso che spettegola sorseggiando il tè, eccettuando la malizia.
“Io non ho malizia.” dice Me. “A che mi serve?”

Chamberlain, invece, senza malizia non sopravviverebbe. Lo dice firmando il documento che Me gli ha spedito.
“Deve capire che è come il laudano.” mi dice. “Necessaria in piccole quantità. A tal proposito, gradisce del tè?”
“Lo berrei con piacere, ma non posso ingerire zucchero.”
“La capisco. Tutte queste importazioni un giorno ci dissangueranno. Io sono per il vecchio mercantilismo, ma a partire dalle piccole cose. Non vedo ad esempio perché dovrei stare a sentire il parere di uno Zulu quando lui non è neanche in grado di capire il mio.”

Convoluted.

The development of the modern state and the concomitant loss of power within the European churches drained the legitimacy of the monarch by nullifying the authority of God, therewith making the metaphysical dimension of the sovereignty of the state to fall vacant.

Da un certo livello in poi – più o meno quello che necessito per scrivere questo paper – la padronanza dell’inglese diventa simile al momento in cui ti chiedono “Ci sono tutti i pezzi?” subito dopo che un puzzle ti è caduto a terra disperdendosi in ogni angolo.
Oltretutto, litigo con therewith. Da qualche parte nel passato questa parola deve essermi entrata dentro decidendo che aveva abbastanza senso da essere memorizzata a livello profondo, e sbattendosene del fatto che è archaic. Il mio dizionario d’inglese è di solito internet, ma in questo caso la parola è così ignorata da non poter trovare conferme. Il fatto che sia la traduzione di damit è una conferma? Datemi la traduzione attuale di damit, stavo pensando in tedesco quando ho scritto quella frase. Sarò grata a chiunque sappia aiutarmi.
Comunque, amo e odio il paper. L’argomento è magnifico, una masturbazione foucaultiana applicata al concetto di “Stato-Nazione”, ma non ho la padronanza linguistica necessaria a esporlo. Non l’avrei neanche in italiano. Ogni tanto delle parole chiave pop-uppano nella mia testa e non mi ricordo se significano veramente quel che credo. La cosa peggiore è quando degli angoli di parola mi sfiorano il cervello senza comporsi, e io non riesco a rintracciarle né in italiano né in inglese né in tedesco ma sono certa che esistano (o forse è una comune allucinazione).
Non è neanche facile ricordarsi a che punto voglio arrivare, perché quel punto è una decostruzione. Voglio negare la fondatezza di un ragionamento negando i presupposti, e qui cadiamo nel bellissimo baratro di “oh quanto mi piacciono questi ex-linguisti post-strutturalisti” e renderti conto che devi cancellare un’intera frase perché hai usato la parola “post-nazionale” e non sussiste se neghi l’esistenza della nazione stessa.
Voglio, come al solito, dimostrare che siete un branco di folli, e lo faccio de-lirando. Ci sarà pur un motivo se uno dei miei incubi ricorrenti mi vede essere l’unica persona lucida in una follia di massa che incoscientemente mi seppellisce, no? Questo motivo deve spiegare anche la mia ossessione per manicomi e il mio relativismo assoluto – i folli non esistono, è tutto relativo, dipende dalla cultura – ma la cultura non esiste, è un costrutto. Deve essere un meccanismo difensivo, citando Shutter Island. Oh, Shutter Island…! Che spiega così bene la paranoia che ti dice che quando vieni bollato come pazzo qualsiasi cosa tu dica conferma il fatto che sei pazzo. Avete mai visto un reparto psichiatrico? Io no. Mi hanno chiesto se volevo entrarci per qualche settimana, ho chiesto se potevo portare il mio computer per scrivere la tesina, mi hanno detto di no, ho gentilmente rifiutato. Non che credessi che essere rinchiusa in un reparto ed essere trattata come una provetta di nitroglicerina potesse essermi di qualche aiuto (chi sarebbe così pazzo da pensarlo?), ma volevo provare l’esperienza da dentro. Come guardare un film in 3D particolarmente pervasivo. Ma non mi sono mai lasciata andare al “goditi l’attimo a discapito della formazione”, e così ho optato per la tesina prendendo il massimo dei voti.

Il senso della vita.

La sottoscritta presenta:

Il fantastico sogno di VB di stanotte

… Che rimanga ai posteri come paradigma del senso della vita.

Attori principali:
– VB
– Io
Lui

Svolgimento:
Lui, dopo aver fatto per ore discorsi esistenziali, viene interrotto da VB che – sollevandosi in piedi e sollevando romanescamente il braccio destro in direzione di Lui – dice:
“Ma ancora lo stamo a sentì ‘sto cazzone.”
Al che sul mio volto si apre un illuminato sorriso, e dico:
“Eh beh, è merito mio.”
(Non si sa di cosa.)
Il tizio ci guarda perplesso e il sogno finisce.


Guardare Mouth to Mouth fa male.

È colpa di Bentham.

Il mondo in cui non sono stanca devo riscoprirlo.
Ma…

… Tazza di metallo farcita a caffè farcito con zucchero. Il latte, in questo periodo, viene riservato al the (grazie ad Al per per il Typhoo) o bevuto in solitudine, in uno o due sorsi per finire il bicchiere, testa reclinata indietro e di sottofondo la colonna sonora di una pubblicità salutista a caso. L’importante è credere in ciò che si fa.
Fa caldo, non quanto settimana scorsa ma abbastanza da conciliare il mio sonno seriale. Mi ci sto affezionando, a questo tiepido stordimento, che mi accompagna come una bibbia accompagnerebbe un prete: fa atmosfera e attesta – attesta che sto faticando, o almeno fingo di farlo – no, no, attesta che faccio tutto il possibile, in senso material-temporale, ed è sempre una bella sensazione, tranne quando sei troppo stanco per rimirarla.
È la stanchezza, mentale, che permette il riassunto delle proprie qualità (e difetti). È una stanchezza buona (ci sono stanchezze buone e cattive come buone e male morti) e non ti toglie la voglia di fare. Semplicemente, winzippa le tue attività giornaliere e i tuoi pensieri.
La mia psiche winzippata adesso indossa un fake cappello da capitano (appeso all’interno della porta della camera) e una giacca a vento da tre euro che è così orribile, e dai colori così deprimenti, che la adoro. Mi ricorda guance bruciate dal sole e scavate dal vento.
È stato con psiche winzippata che scrissi una breve e-mail a B., in due minuti, dopo aver riflettuto per un minuto sull’eventualità di farlo, dopo aver commemorato per un minuto il suo ricordo.
L’e-mail cominciava così:

Hey Captain B.

E si firmava così:

Organized Woman aka Serena, whose phone-number is:

Le parole-chiave utilizzate per realizzare lo scopo (lo scopo: riavere B. qui) sono state “The night was great and you are such a nice guy” e “it’d be a pleasure to see you again”. Di mezzo c’era una formalità e un’informazione utile a livello pratico.
Rimiro codesta e-mail, rimirando come io sia riuscita a raggiungere il sincretismo a la forma mentis atti alla stesura di un paragraph per tutt’altro scopo.
Mi sto disciplinando bene, nevvero?

… Il fatto è che amo questa leggerezza – oh, sì, un giorno leggerò L’insostenibile leggerezza dell’essere per capire come le parole “insostenibile” e “leggerezza” possano essere utilizzate assieme in un libro sui rapporti sociali. Wikiwiki mi dice che:

All’origine dell’insostenbile leggerezza dell’ essere è, per Kundera, l’unicità della vita: Einmal ist Keinmal; ovvero, traducendo letteralmente il proverbio tedesco, ciò che si verifica una sola volta (Einmal) è come se non fosse accaduto mai (Keinmal).

A parte l’opinabilità dell’espressione “traduzione letterale” qui utilizzata, wikiwiki non mi aiuta neanche ricorrendo al mio amato tedesco.
Vedete, oh mie creaturine (tutto cominciò con la Kreatürlichkeit malettiana, eoni fa), è questa leggerezza che mi fa sentire sfiorata da una piacevole brezza, di quelle che mi immaginavo avrebbero potuto sfiorarmi su una sponda nordica, guardando il mare per cercare i contorni scandinavi e non trovando altro che l’infinito, un infinito nordico (attimo di romanticismo leopardiano). La vita che ti scorre addosso e dentro senza farti cambiare rotta – e allora è dolce il pensiero di un B. che adesso è a Berlino e che forse rivedrò prima di partire per il Paese dei Puffi. B. stesso è leggero mentre vaga appesantito da droghe e beotitudine post-sesso per la stanza.
C’è stato un tempo – eoni fa, fin dall’inizio dei tempi secondo la mia memoria certamente distorta – in cui una tale visione – quella del B. di cui sopra deambulante con tutti i suoi deliziosi connotati – mi sarebbe apparsa insopportabilmente fantasiosa. Fantasiosa come “fantasy”: qualcosa su cui indugi sapendo che è una distorsione della realtà attuata per personale godimento. C’è poi stato un tempo, certamente, in cui una mia certa immaturità estetica (parlo come un verboso pederasta greco morto, sì) non mi avrebbe fatto riconoscere in B. quello che cercavo. Ce n’è stato un altro, di tempo, in cui un B. mi sarebbe scivolato tra le dita per mancanza di leggerezza, come stringere una saponetta con troppa forza.
È indubbio – e sottolineabile – che io mi stia rifocillando di tali attimi. Faccio scorte per l’inverno. Non che il Paese dei Puffi non me ne offra – ve l’ho sempre detto, creaturine, che a livello di conoscenze sono una persona fortunata, baciata da Dio (qualsiasi Dio, perché chiunque deve invidiare la mia fortuna e a qualsiasi Dio sarei grata) – ma qui mi scorrono attorno e non devo cercare pagliuzze con il setaccio. Non è colpa di nessuno, se non del mio senso estetico (in senso allargato, dall’estetismo del sembiante a quello del carattere), che per anni mi ha fatto anelare mondi fatti di creature come B. o come l’altro o come l’altro ancora o come l’altra e anche quella lì. Era un mondo, quello che anelavo, non una spiaggia in cui accamparmi – la leggerezza di cui godo viene dal rotolarmi tra petali di rose senza più il bisogno di cercarne. Mi piacciono veramente, certe rose, e la sovrabbondanza non mi nausea i sensi. Semplicemente, ci affogo ogni tanto – e come saprete trattenere il fiato, in certi attimi, è piacevole.
Lo saprete?
Accendo un cero profumato in cui otto tra falene e zanzare giacciono cristallizzate. Ho assistito alla loro morte con le orecchie, sentendo le ali sfrigolare nel silenzio per qualche secondo – e poi erano cera. Il mio piccolo museo delle cere involontario.
Mi sono interrogata molto, nelle ultime settimane, su quanto il mio involontarismo modifichi il mondo attorno a me. So essere cieca come un bambino rapito da un gioco stupido ma nuovo, soprattutto se stressata, ed è da mesi che ascolto lo sfrigolare delle cose che scarto per prediligere le mie priorità. Sono piccole e stupide cose (come tutto?), sono il dire “no” a inviti e il non fermarti cinque minuti in più a chiacchierare, il tono derivato dalla necessità di organizzare e via discorrendo. Dicendomi di non avere il tempo di seminare in tutti i campi in cui sono passata, vi ho lasciato cadere le scorie della mia frenesia, l’alone dal nome HoAltroDaFare che non torni a contemplare.
Poi mi trovo – ogni volta – ad ascoltare rapita le conseguenze di quelle scorie cadute per involontarismo. Ascolto un Pimm che, ubriaco, mi pone l’enigmatica domanda:

“Ma se uno volesse conoscerti, come farebbe?”

Sono così lontana dal quadro che lui ha di me, mi è così ignoto, che non capisco neanche la domanda. Ho cercato di indagarla, ma è stata catalogata dal possessore come uno sbotto d’alcolismo acuto, e ora giace ancora – irrisolta – tra i suoi pensieri da non dire a voce alta.
Che intendeva?
Gli risponderei con piacere, e lo farei anche per capire me.
Certe domande sono come album di fotografie, per me persona che non ne tiene. Il mio specchio sul passato è questo blog, e tanto non ho tempo di leggerlo. Chiunque potrebbe ripercorrermi a ritroso fino al 2006 e – posso affermarlo con certezza – dopodiché saprebbe più cose su di me in questi quattro anni di quante ne sappia io.
Il primo post lo ricordo come si ricorda il capitolo di un libro studiato per l’esame: sai più o meno di che parla, hai compreso il concetto, ma non sapresti rispiegarlo senza ripassare.
Parlava di un senso di nordicità ricostruito a tavolino partendo da informazioni su certa gentaglia vivente secoli fa dalle parti della Svezia, e se lo rileggo adesso posso dirmi che ci sono ancora. Aggiungerei qualcosa, cambierei qualcosa parola, ma i concetti sono lì e li riconosco. Solo qualche giorno fa parlavo con Harding di Wyrd e correlati. Mi mancherà, Harding, ora che le lezioni finiscono. Spero in un altro caffè da due ore e mezza. Peculiare come – parlando con lui – il mio inglese vada a puttane. Ciò mi rende tenera, nevvero?
Zefi mi guarda e mi fa sentire tenera – e piccola e innocua e stendimi e fa’ di me ciò che vuoi. Una sensazione che mi mancava da tempo, e che mi ha lasciato sul viso un sorriso beota per mezza giornata – decisamente un notevole lasso di tempo, considerato il periodo, e si sarebbe protratto ancor di più se poi non avessi dovuto tornare alla modalità “concentrati e scrivi al meglio il fottuto Protokoll con Laura che ne capisce meno di te anche se sa più tedesco”. Avrei voluto lasciare anche a Zefi un’e-mail-paragraph simile a quella soffiata in direzione di B., ma non ho neanche il suo indirizzo e-mail. Ma immagino che l’aggettivo nice, per quanto detto con sentita e leggera onestà, non basterebbe a una Zefi. È troppo irrimediabilmente facile da usare, troppo semplice da capire, troppo ingenuo e Zefi mi guarda con diffidenza quando mi metto comoda nella posizione di creatura innocua. Le persone non mi permettono di auto-definirmi tenera per poi farlo loro con me a loro piacere. Ai miei tentativi di rientrare nel cliché ricevo risate aggressive – la risata fredda e all’erta che spazza via l’eventualità. Non che mi faccia soffrire esistenzialmente non potermi dipingere come una tenera creaturina (Dog Eat Dog docet) ma mi domando se smetterò mai di domandarmi il perché di tale meccanismo. Quale visione del mondo viene sorretta dal negare la tenerezza di creature come me? Cos’è esattamente una creatura come me? Cosa fa scattare quella risata a mo’ di allarme? Sarà colpa di Nietzsche? È sempre colpa di Nietzsche per merito di Freud da qualche decennio a questa parte. Perché nessuno dà la colpa a Bentham a parte Foucault? (Anche se Foucault sembra incolparlo come una persona soggetta a sindrome di Stoccolma può accusare il proprio carnefice.) Facciamo una rivoluzione e cominciamo a dare la colpa a Bentham. È colpa sua, ma difendeva i diritti di donne, omosessuali e animali e perciò non possiamo colpevolizzarlo.
Siamo una razza corrotta. (Tutti, però, giacché di razza umana ne esiste una sola.)

Kieler Woche(nende).

Rilassarsi è impossibile, perché è tutta una questione d’impostazione mentale.

B. mi guarda dalla macchina fotografica e mi dice:
“Organized woman.”
Ha capelli lunghi biondi e una camicia bianca sbottonata sul petto pallido. Ha quel genere di conformazione che – quando la luce è tenue – rende il busto una macchia chiara su cui qualcuno ha disegnato due cerchi rosei. Ha un sorriso che la parola “tenero” riassume bene, ma anche “dolce”. “Tenero” puzza d’intenzione di sminuire, e non è la mia.
B. ha le braccia appoggiate alla parete e guarda verso il basso, verso l’obiettivo, rilassato, candido. Nella vita gioca a fare l’alternativo moderato, ma adesso è troppo strafatto e rilassato per avere l’espressione di chi sta sulle sue. Gattona sul letto cercando un bacio e poi torna a terra con una cartina in bocca, e con candida indifferenza si concentra per chiudere una sigaretta.
B. ha decisamente l’aspetto del putto cresciuto solo per compiacere anche il pubblico adulto secolarizzato e mi dice con la voce impastata:
“Organized woman.”
Segno qualcosa sull’agenda e la ripongo sul comodino.

Colleziono frammenti che sanno di antipasto senza pasto a seguire. Sono quel genere di momenti che ricorderai sempre con piacere, perché non hanno avuto il tempo di rivelare la propria tridimensionalità. Sono scatti fotografici.

Sulla macchina fotografica, prima di B., ci sono foto da delirante party a tema “Moulin Rouge rivisitato”. In mezzo c’è un Pimm vestito da ginecologo che non c’entra nulla e sta benissimo così. Le foto di me in biancheria e collant a cavalcioni su di lui che tento di fargli togliere la maglietta (“Vuoi togliere quella fottuta maglietta?!”) in giardino sono sulla sua macchina fotografica, purtroppo. Io ho quella in cui mimo l’atto di infilargli la lingua nell’orecchio, mentre lui – indifferente come sempre – regge degli occhiali con stanghette rosa e azzurro prémaman.
Pimm è crollato a un certo punto della serata sul proprio letto, nella propria camera, la stessa dove era state messe le casse (aggiuntive) collegate al suo computer. Nessuno sa come abbia fatto a dormire, ma l’ha fatto. Alle 6 del mattino, quando B. ha accettato di rimanere a dormire qui (maledetta sia la mia gentilezza), in tre in un letto, ho con affetto pensato all’eventualità di infilarmi nel letto con Pimm e dormire angelicamente con lui.
Adoro Pimm (e chi non lo adora?) e i suoi genitori, sul cui yacht siamo andati sabato mattina alle 11, dopo il party, per partecipare alla regata. Alle 11:30 è stata aperta una bottiglia di champagne, poi è seguita della birra e poi il grog. Alle 14:40 sono saltata dallo yacht sulla banchina dei traghetti trovandomi davanti una folla di gente in attesa dei suddetti, corsa alla stazione, recuperato Al, e poi saltare di nuovo sullo yacht bevendo altra birra.
Avrei voluto portarmi anche il tizio quarantaquattrenne pelato e tatuato, a cui mancava solo una benda sull’occhio e una sciabola, che è pop-uppato in mutande e canottiera in camera mia sabato alle 9:30 chiedendo:
“Il tizio è ancora qui?”
Non ho ancora ben capito chi fosse. Lo sapevo, ma ho rimosso. Credo si possa dire verosimilmente che era un pirata.

E il fatto è: ci sarebbero troppe cose da raccontare e s’intersecano e confondono e alla fine stai abbastanza bene da smettere di essere analitico, oh tu mente paranoica.

Giovedì sera, a fine lezione, entro nell’ufficio del mio adorato emerito anglo-canadese con 3 minuti di anticipo. Mi guarda e sta per dire qualcosa, tace, sembra imbarazzato – sarò troppo in anticipo, gli serve ancora tempo? – esita, si decide, e mi chiede se possiamo andare alla caffetteria dell’università anziché stare nel suo ufficio.
Come faccio a non amarlo, dopo due ore e mezza di chiacchiere?
L’incontro era inizialmente pensato per discutere del tema del paper che devo scrivere, ma colpevolmente abbiamo divagato in maniera indegna. Mi ha detto che, se ho intenzione di studiare in Canada, posso rivolgermi a lui per la lettera di presentazione (si chiama così, in italiano? Uff) e nel fine settimana mi ha mandato due e-mails riempiendomi di informazioni dopo aver rotto le palle ad altri due professori.
Come faccio a non amarlo?
Me lo sposerei – se non fossi antimonogama, se non fosse un vecchietto e se non fosse indelebilmente britannico.

Con e dopo tutto ciò sono fottutamente piena di impegni e la spada di Damocle dello stress mi sussurra suadente che mi avrà. Che mi ha già, dopotutto, sono sua. Faccio esercizi fisici per sfogare ma il mio essere è così depauperato che sono regredita allo stato di scimmia. I piccoli diverbi quotidiani con VB vengono risolti con un filosofico “I don’t care” seguito da un sorriso rivolto a me stessa, tagliente a mo’ di minaccia, che sussurra:
“Scivola… Scivola…”
… In quei momenti in cui non ho voglia di confronti, di discutere, di parlare, di niente (tranne che di dormire) e al vuoto mentale corrisponde un prurito muscolare. È qualcosa che conosco. È la vecchia storia della persona eccessivamente speculativa che quando arriva agli sgoccioli cerca salvezza nell’opposto di ciò che la sua quotidianità è. Non sono mai stata così tanto impegnata con così tante cose diverse come ora, e probabilmente ciò accade perché sto meglio, e quindi posso reggere di più – e di conseguenza, essendo rinomatamente una persona moderata, continuo a fare quanto più posso. Non che sia male, a tratti, perché le priorità prioritarie sono così tante che quelle secondarie scompaiono, rivelandoti che non erano poi tal fonte di preoccupazione. Il pagamento, foucaultianamente, sta nella minuscola quotidianità, nel mio stringere i denti e contrarre mascella a mandibola fino a che non mi dolgono i muscoli. Da sveglia. Da addormentata non è cosa poi così strana per me. Piccole psicopatie ben inquadrate.
Ma ne vale la pena. Sempre.

“… E c’è questo bellissimo ragazzo disteso…”
“… Su una pelle di ghepardo.”
“… Sì, su una pelle di ghepardo – che è distesa su un triclinio.”
Tricheco?”
“Triclinio!”

“… E poi c’è questa bellissima fanciulla, che indossa questa veste del colore del… Hai presente la manta?”
“La malta?”
“La manta!”

Britney Spears.

Sono depauperata.
Sono a malapena me stessa.

Dopo ore di riassunti e studio folle mi sono fatta rapire dalla vista di un ragno che – grazie alla mia attività notturna, e quindi alla luce accesa – ha fatto caccia grossa di moscerini.
Ho lasciato un biglietto a Mater, che si commuove per qualsiasi forma di vita:

Nell’angolo vicino al divano c’è un ragno che sta facendo un campo di concentramento di moscerini.
Me lo togli?

Bisogna dare una motivazione conforme alla morale vigente per promuovere un’azione efficace.
(Mater che si spiace della morte dei vermi che talvolta – di rado, per fortuna – appaiono nel sacchetto dell’umido.)

Sto ascoltando l’inno britannico. Ma si può?
Comunque quest’uomo rimane il mio idolo. Panacea per le mie sinapsi provate.
Poi in classifica potrei mettere questo.
Poi questo, in loop.
Poi questa cazzata.
Poi un porno a caso, ma particolarmente kitsch.
Ah, poi vorrei dire che dopo l’esame (domani, ahah) mi vedrò Riddick – ma è una cazzata, appena dato quest’esame dovrò studiare per OE.

… Inno americano.
La Marsigliese!
Mameli!
Israele!
E Britney Spears.

Il mio delirare non è originale. È colpa della gente che conosco.

il bestia scrive: Mah.
Ð|ØSB|ØS scrive: Ja.
il bestia scrive: Senti, tu ti senti checca?
Ð|ØSB|ØS scrive: Ogni tanto sì. Tu?
il bestia scrive: Mh. Se c’è
Shane MacGowan nei paraggi.

Guardate com’è bella questa cosa.
(Stanno per arrivarmi due libri su diamanti e De Beers, uno su Haiti, due libri di narrativa – e non potrò neanche sfiorarli. Sigh.)

… E i risultati per il paper dovevano essere online ieri sera e non ci sono!
Sigh.