fractals

Grunge e frattali

Dall’ultimo post a ora Sna ha passato il tempo qui, al PC, Photoshop aperto, a fare quello che una persona fa quando cerca di creare qualcosa e continua a fallire.
Dopo aver approcciato i frattali, e deciso saggiamente di non mettersi a sviscerare anche quelli, girando per siti di grafica, Sna ha scoperto la parola chiave del momento:

Grunge

No, miei ingenui lettori, non il movimento musicale – benché la parola venga da lì.
Nono, vi dico bevendo il mio caffè americano aromatizzato alla cannella (una scoperta geniale; a furia di mettere cannella ovunque ho capito dove era destinata a essere usata).
No, grunge nell’ambito grafico.
Per farvi un’idea… Ma solo un’idea. Perché grunge racchiude anche questo o questo, o ancora questo o questo.
(Poi Sna scopre che la grafica tanto barocca ora tanto di moda non è merito di grafici certosini nei dettagli, ma di set di pennelli di photoshop; avete migliaia di euro da darmi, che compro ogni libreria di pennelli per photoshop esistente?)

Esiste poi la combo definitiva, che è grunge + frattali.
Ora voi mi chiederete:
«Sna, ma cos’è un frattale?»
E io vi dirò:
«Per la precisione non ve lo so dire, ma volendo…»

Un frattale è un oggetto geometrico che si ripete nella sua struttura allo stesso modo su scale diverse, ovvero che non cambia aspetto anche se visto con una lente d’ingrandimento. Questa caratteristica è spesso chiamata auto-similarità (self-similarity). Il termine frattale venne coniato nel 1975 da Benoît Mandelbrot, e deriva dal latino fractus (rotto, spezzato), così come il termine frazione; infatti le immagini frattali sono considerate dalla matematica oggetti di dimensione frazionaria.

I frattali compaiono spesso nello studio dei sistemi dinamici e nella teoria del caos, e sono spesso descritti in modo ricorsivo da equazioni molto semplici, scritte con l’ausilio dei numeri complessi. Ad esempio l’equazione che descrive l’insieme di Mandelbrot è la seguente:

an+1 = an2 + P0

dove an e P0 sono numeri complessi.

E voi mi direte:
«Ahhh…»
E mi manderete a fare in culo.
Ma!… Prima che voi possiate farlo, fatemi dire che un frattale manifesto può essere così o così. Capite? No, non vi chiedo di capire il misticismo intrinseco di tutto ciò, che esemplifica perfettamente il sacro concetto di macrocosmo/microcosmo; vi chiedo solo di guardare e ammirare, e di godere un po’ con me.


Verso l’ultimo anno di liceo, Sna prendeva cartoncini 50×70, colori a volontà, mescolando tempere ad acrilici a pressati a pezzi di scarto a ritagli a cera, e imbrattava a piacere. Lo scopo era rendere quel bianco cartoncino un foglio vissuto.
Ci avrei messo il mondo, lì sopra.
Ci avrei fatto passare pneumatici lerci e lo avrei poi santificato con deodorante spray.
Lo avrei dimenticato tra i panni stesi ad asciugare e poi bruciato per errore con una fiamma ossidrica.
Quel fottuto cartoncino, alla fine, doveva saperne più di me. Cosa avrebbe rappresentato? Nulla, a parte il tempo che passa e gli agenti che agiscono. Quel fottuto cartoncino doveva dire: fottitene del soggetto, io sono il contesto: ammirami. Io ho visto cose che voi umani etc etc…
Per questo Sna andava a scuola vestita da muratrice, pantaloni e canottiere già macchiate ad acrilico apposta: perché Sna non disegnava nel foglio, ma sul foglio, e su ciò che a raggio vi stava attorno.
E sorrideva zen mentre falciava l’aria con pennellate lunghe il gesto di una persona che sta vivendo, e non dipingendo.

I frattali sono un’altra questione, totalmente sconnessa.
Il frattale è la vita che si autogenera e cresce.
(Come la muffa in casa di Sna.)
Un cavolfiore è frattale manifesto.
(Dovrei smettere di accozzare a caso termini specifici di ambiti lontani anni luce, lo so.)

Ora, chiariamoci, Sna non ha la grafica che le serviva stanotte.
Ma adesso sa un po’ meglio come arrivarci.

(Sì, veleggio beata nel mondo dell’astrazione. Fatemi essere la nerd che sono.)


I ringraziamenti di oggi, con qualche arretrato, vanno a diverse persone.

Vanno a purple_vertige, che ieri sera mi ha cucinato un cous cous alla algerina divino. (Amo l’accostamento di dolce e salato.) Io ho cucinato il cous cous (10 minuti), lei il condimento alla algerina (un’ora e mezza); spero che questa collaborazione si ripeta.
Ma non la ringrazio per riempirmi lo stomaco, benché – come alcuni mi fanno notare – far mangiare lo Sna è come far mangiare un bambino del terzo mondo: hai fatto la buona azione del giorno.
La ringrazio perché cerca su internet la ricetta e lo cucina con dedizione.
No, non c’ero mentre cucinava.
Ma tanto lo so che cucina con dedizione. 😛

Ringraziamo brynhyld, che sento praticamente solo al telefono e che mi dice che parlo come scrivo e benché io scriva come una scaricatrice di porto con aspirazioni di umanista raffinato (o viceversa), lei tace perché le piace ascoltarmi.
(Abbiamo qualcosa in comune, come le ho detto: a entrambe piace ascoltare il suono della mia voce.)
Ora, io penso con modestia e supponenza che ciò sia dovuto al brutto vizio dell’umanità di non avere buongusto e farsi accecare dal kitsch, ma non la ringraziamo perché tace (no, non dirò che è qualità apprezzabile in una persona, non lo dirò): la ringraziamo perché si apre a me. Ok, io penso che ciò sia una cazzata dovuta a una svista fatale, ma i ringraziamenti partono.

Ringraziamo lo Smo per un motivo molto simile.
Ci domandiamo sempre come possa una persona valutare lo sbattimento di andare oltre a tutti i nostri giochetti, muraglie, trabocchetti inconsapevoli, ringhi, corteggiamenti in default a priori, vaneggiamenti fini a se stessi, cause intentate avendo il diavolo come assistito, dichiarazioni di libertà universale a tuo discapito, filosofia di vita spiccia con retrogusto di distillato, come ben speso per conoscermi.

cauchemar_73 oggi non la ringrazieremo per il suddetto motivo, in quanto lei è la nostra nemesi e si interagisce l’una con l’altra per mantenere in equilibrio il baricentro del mondo. 😛

(Oggi mi voglio proprio bene, già.)