manzoni

Corso di scrittura creativa diseducativo – Terza lezione: Sputa su Alessandro Manzoni, ovverosia: relativizza

TERZA LEZIONE:
Sputa su Alessandro Manzoni, ovverosia: relativizza
 

Ho frequentato un liceo artistico, uno di quei luoghi in cui hai quaranta ore settimanali di cui solo due di letteratura. Insomma, se fosse stato solo per il liceo, oggi non azzeccherei neanche un congiuntivo. Ma un lato positivo, enorme, c’è:
Non sono stata costretta a passare giornate studiando I promessi sposi, né tantomeno La divina commedia. Mi sentivo una prescelta, con i pantaloni sporchi di gesso e tempera, io che avevo la possibilità di non odiare i Grandi Nomi della letteratura italiana e il privilegio di approcciarli quando e come avrei voluto.
E l’ho fatto, almeno con I promessi sposi. Da ex fagocitatrice di letteratura di gente morta (meglio ottocentesca), l’ho comprato, mi sono messa sul divano e ho cominciato a leggere.
L’ho interrotto dopo l’uscita di scena sia della Monaca di Monza che dell’Innominato, perché con loro era uscito di scena anche tutto il mio interesse per il romanzo.
Perché?
Perché capita.
Capita anche a chi ha letto così tanta letteratura ottocentesca da pensare e dialogare con periodi così lunghi da farti dimenticare come avevi iniziato – e, visto che ci sei, autocommentare quello che dici come farebbe un Vate. Non lo dimenticavo, ovviamente, abituata ai miei amati mattoni ottocenteschi, ma il dialogo con i miei coevi non funzionava granché bene. Annuivano, certo – in continuazione – ma dopo dieci minuti di mio monologo solitamente rispondevano con qualcosa che non c’entrava nulla con il mio discorso, e che riguardava invece la peculiarità del mio modo di esprimermi.
Ma comunque.
Comunque io, che sembravo essere la lettrice ideale di un Manzoni, ho scaricato quel mattone moralista dicendomi Mai più!
Perché?
Perché capita.
Capita che un autore universalmente riconosciuto come bravo faccia sinceramente schifo a qualcuno. E persino a più di uno.
Incredibile, vero?

 

In questi giorni sta girando il tumblr de Lo Stroncatore, o: La critica letteraria ai tempi di internet. Non sta girando come una solitaria mosca che silenziosa passa e se ne va: gira condiviso dai miei contatti, che lo usano perlopiù per deridere (ancora un po’) la supposta ignoranza di chi scrive le recensioni raccolte da quel tumblr.
Qualche esempio di recensione:

– (Il piacere, Gabriele D’Annunzio) Se dicessi che potrei usarlo come carta da culo sarebbe ancora un complimento troppo grande.
– (Il pendolo di Foucault, Umberto Eco) Ora ci vogliono due libri di Fabio Volo. Dopo essere stato preso in giro per quasi 700 pagine dall’autocompiacimento e dallo sfoggio linguistico, culturale e filologico di Eco, ho un assoluto bisogno di vuoto intellettuale.
– (Lolita, Vladimir Nabokov) Toc toc, erotismo? Non so che dire. La storia sarebbe interessante, se fosse stato scritto bene. E’ evidente che ha fatto scalpore per l’argomento e per l’epoca, ma quanto a scene erotiche, trama e stile questo romanzo lascia davvero a desiderare.

Storci pure il naso, lettore che ha apprezzato queste opere, ma non troppo a lungo.
Parlare bene di un’opera che per il nostro gusto personale non ha valore (e la seconda parte è evidentemente il caso di questi recensori) non è sintomo di intelligenza, ma del contrario: anziché formare una propria opinione, frutto dell’interazione tra ciò che leggiamo e le nostre aspettative e la nostra esperienza, ci si limita a dare un commento preconfezionato. Che poi in questi casi l’opinione si sia formata in testa a persone che, apparentemente, non hanno conoscenze sufficienti ad apprezzare una di quelle opere (e in tal senso siano, apparentemente, ignoranti) è certo un fatto, ma un fatto in qualche modo secondario: nessuno è tenuto a farsi piacere un certo tipo di scrittura, sia essa il prodotto di un determinato periodo storico (in cui non si vive) o di una certa mentalità (quella necessaria ad apprezzare Eco).
(E ri-sottolineo: apparentemente ignoranti; nessuno vieta a una persona acculturata in materia di pensare, ad esempio – un esempio a caso: il mio – che Il piacere di D’Annunzio è la miglior sega letteraria che sia mai stata scritta, ma è pur sempre il prodotto dell’atto masturbatorio di un esteta annoiato. Io, che soffro di una sindrome comune a quella di D’Annunzio, lo dico giocando con le parole, ma un riassunto d’impatto potrebbe essere: Le seghe mentali tientele per te.)
C’è un enorme potenziale in quelle recensioni, e per questo ti ho chiesto di smetterla di ghignare: quelle recensioni dissacrano. Dissacrano con la rivelante ingenuità del bambino, ossia dell’essere umano la cui mente non è ancora stata indirizzata a pensare cosa sia giusto e sbagliato, bello o brutto.
Manzoni può anche aver speso anni a riflettere sulla lingua, mescolando strutture e lessico francesi e toscani per dare una lingua all’Italia; può essere stato bravissimo a rendere la parlata di Renzo con il discorso indiretto libero; può essere stato acclamato da milioni di persone. Ma sai una cosa? Faticare come dannati non assicura un risultato che piaccia a me; il discorso indiretto libero mi può fare schifo; cosa me ne frega dell’opinione di milioni di persone?
Se Manzoni si fosse attenuto al canone – se non si fosse ossia emancipato dalla letteratura che lo precedeva – oggi non solo non avremmo I promessi sposi, ma io starei parlando in un’altra lingua.
Se c’è qualcosa che quel pedante cattolico (niente contro i cattolici, molto contro i pedanti) mi ha insegnato è che il canone (l’insieme delle opere letterarie riconosciute come di valore) è un insieme di spunti, un modo più veloce di indagare le possibilità della letteratura, non un Mostro Sacro le cui leggi non si possono infrangere pena non so quale tremenda punizione.

 

Quindi, scribacchino, in questa lezione non ti dirò di fregartene, ma di fare qualcosa di più complesso: di prendere il meglio da ciò che conosci senza fartene vincolare.
Di imparare ad amare un autore ma non ciecamente. Di imparare ad amarlo con tutti i suoi difetti. E questo è soggettivo, ovviamente, perché ognuno ha le proprie idiosincrasie, le proprie preferenze e quindi il proprio stile – che deriva da quello che, in un romanzo come altrove, ci fa vibrare certe corde.
Manzoni è un grande innovatore, ma per me è un cattolico pedante. D’Annunzio è un maestro dell’estetica, di ogni genere, ma gli riesce proprio perché sa masturbarsi senza pudore. Eco è uno dei miei scrittori preferiti, ma non elogierò mai la sua capacità di scrivere scene dal ritmo veloce e d’impatto. Harris ha avuto un’idea geniale, ma se devo attenermi solo a Hannibal Rising, beh… avrebbe potuto metterla nelle mani di un ghost writer dalla prosa meno goffa. Genet, ti adoro, ma ho capito che sei chiuso in una cella tartassato dalla voglia di cazzo. Yourcenar… su Yourcenar sto ancora lavorando.

 

Compito a casa:
Scrivi su un foglio i nomi dei tre autori che preferisci. Ti richiederà al massimo cinque minuti. Usane almeno dieci per trovare in loro dei difetti così imperdonabili che li renderebbero oggetto di derisione per chiunque ascoltasse i tuoi pensieri.
È vietato sminuire i difetti degli autori.